È dicembre. E con dicembre arriva il Natale, quel momento dell’anno in cui, quasi senza accorgercene, riusciamo a fermarci e, con meno distrazioni, a riconnetterci alle nostre famiglie, qualunque forma esse abbiano. Perché ognuno ha il proprio modo di vivere la famiglia: quella in cui è cresciuto, quella che ha scelto, quella che si tiene stretta anche solo con un messaggio o con una zampa che ti aspetta dietro la porta.
E durante il periodo natalizio, quando tutto rallenta un po’, questi modi diversi di essere insieme tornano a farsi più vicini, più presenti, quasi più veri. È il momento in cui piccoli gesti quotidiani diventano modi concreti per dirsi: ci siamo.
Forse è questo che il Natale ci ricorda meglio di qualunque altra occasione: che siamo fatti di relazioni. E, in fondo, la sostenibilità non è anche questo? Prenderci cura dei legami: con le persone, con i luoghi, con il futuro.
Ed è proprio quando riconosciamo il valore di queste relazioni che qualcosa si muove anche dentro di noi: capiamo che ciò che ci orienta non è l’urgenza delle giornate, ma il motivo che ci tiene in equilibrio.
Da qui nasce, con semplicità, una domanda che vale per la vita e per il lavoro: qual è il tuo perché?
Non quello formale, ma quello che guida i gesti quando nessuno guarda, quello che tiene insieme le scelte, quello che dà direzione.
In Giappone questa idea si avvicina all’ikigai: l’incrocio tra ciò che amiamo, ciò che sappiamo fare e ciò a cui possiamo contribuire. Un nodo semplice, ma potente.
Ed è proprio da qui, dalle relazioni al perché, dall’ikigai alla direzione che scegliamo, che si apre la porta a un concetto che nel lavoro conta sempre di più: il purpose.
Simon Sinek - Etnografo di formazione, Simon è affascinato dalle persone e dalle organizzazioni che riescono a generare un impatto profondo e duraturo. Nel tempo ha individuato modelli sorprendenti nel loro modo di pensare, agire e comunicare, così come negli ambienti che permettono alle persone di esprimere al meglio il proprio potenziale.
Il purpose non è una frase da appendere al muro né un esercizio di stile. È il punto in cui ciò che sappiamo fare incontra ciò che riteniamo giusto fare. Allinea competenze, valori, intenzioni. Non definisce solo obiettivi: dà senso alle scelte.
Per questo, quando un purpose è chiaro, individuale o collettivo che sia, cambia la qualità del nostro lavoro e delle nostre decisioni. Ci permette di ascoltare meglio, scegliere meglio, agire meglio. E, inevitabilmente, cambia anche il modo in cui affrontiamo la sostenibilità: non come un capitolo da aggiungere, ma come un criterio quotidiano che orienta comportamenti e priorità.
Nelle organizzazioni, un purpose definito con rigore e coerenza diventa una leva strategica. Non è un manifesto identitario, ma un vero meccanismo di governo che permette di integrare la sostenibilità in modo credibile e continuativo.
Il Sole24 ha evidenziato che molte aziende italiane stanno iniziando a considerarlo un fattore di competitività: un orientamento che supporta innovazione, resilienza e reputazione. Non perché aggiunge complessità, ma perché riduce ambiguità.
Invece, una ricerca condotta da Polimi Graduate School of Management e BCG BrightHouse evidenzia tre elementi chiave:
I dati parlano chiaro: dove il purpose è applicato con metodo, aumenta la capacità di raggiungere gli obiettivi, migliora la soddisfazione delle persone e cresce l’autorevolezza verso l’esterno. Purpose e sostenibilità avanzano insieme perché si rafforzano a vicenda.
Un purpose ben strutturato:
La sua forza sta nella chiarezza: non aggiunge attività, ma seleziona direzioni; non moltiplica iniziative, ma dà priorità; non resta nelle parole, ma entra nei processi.
Alcune aziende hanno costruito la propria identità proprio attorno a un purpose forte e operativo.
“Vogliamo vietare per sempre la crudele pratica della sperimentazione animale nei cosmetici” - The Body Shop
“Pur puntando a obiettivi climatici di lungo periodo, stiamo anche lavorando per sostenere progetti di rimozione del carbonio basati sulla natura, più strettamente collegati alla nostra catena del valore.” - Allbirds
Allbirds - "To make the most comfortable shoes on the planet, using sustainable materials." che significa: creare le scarpe più comode al mondo utilizzando materiali sostenibili. Questo purpose ha portato allo sviluppo di biomateriali proprietari, alla pubblicazione obbligatoria dell’impronta di CO₂ per ogni prodotto e alla scelta di modelli industriali radicalmente trasparenti.
Dove si impegna a fare della bellezza una fonte di felicità per tutte le donne, non di ansia, oggi e per le generazioni future. 0gni donna deve essere in grado di definire la bellezza secondo i propri termini: rendendola fonte di gioia ed espressione di sé.
Dove - "For Real Beauty", una presa di posizione netta per promuovere un’idea di bellezza reale, inclusiva, libera da stereotipi. Questo purpose ha cambiato l’intero settore della comunicazione beauty, influenzando rappresentazioni, campagne globali e programmi educativi per l’autostima delle nuove generazioni
Cosa le unisce davvero? La capacità di usare il proprio purpose come criterio per decidere, anche quando è scomodo e trasformarlo in scelte che lasciano un segno concreto.
Tre indicazioni risultano decisive per usare il purpose come vero acceleratore di sostenibilità:
Quando invece diventa una lente con cui leggere impatti, priorità e responsabilità, il purpose sostiene concretamente il percorso ESG e aiuta le aziende a muoversi con più lucidità nelle transizioni ambientali, sociali e tecnologiche.
Forse il purpose personale e quello aziendale hanno più punti in comune di quanto sembri: nascono entrambi da una domanda che non si può delegare.
"Perché fai quello che fai?"
Non "per chi", non "per ottenere cosa", ma proprio "perché".
Quando lo capiamo, anche solo in parte, cambia il modo in cui abitiamo il lavoro, la casa, il mondo.
Il purpose, quando è autentico, non parla di noi ma di ciò che scegliamo di prenderci cura: clima, persone, comunità, territori. È qui che incontra la sostenibilità, non come ornamento, ma come responsabilità concreta.
Custodire ciò che non ci appartiene interamente: questo è, in fondo, il suo insegnamento più semplice e più impegnativo.
…ricordiamoci che anche il purpose vive di scelte quotidiane. È nelle priorità che definiamo, nel modo in cui collaboriamo, nelle energie che mettiamo nelle cose.
E il Natale ci offre una metafora concreta: scegliere regali che hanno senso, che rispondono a un bisogno reale, che non appesantiscono ma aiutano. Vale nelle relazioni, vale nelle imprese.
Un purpose funziona allo stesso modo: non aggiunge rumore, chiarisce; non complica, ordina.
Per questo il mio augurio per queste feste è semplice, ma sincero:
che tu possa trovare un momento, anche breve, anche imperfetto, in cui qualcosa dentro di te faccia chiarezza. Un momento in cui il tuo "perché" torni a farsi sentire, senza rumore, senza dover dimostrare nulla. Un momento che basta da solo a rimettere a fuoco le priorità.
E, per accompagnare questo tempo sospeso con un po’ di calore una canzone che sembra sempre riportare a casa anche quando non si è davvero lontani: “L’essenziale” - Marco Mengoni.
Ora chiudo con un grande grazie!
Grazie per aver scelto di usare un po’ del tuo tempo per leggere, e forse per fermarti a pensare insieme a me ai nostri perché, al senso del nostro essere qui, su questo pianeta.
Forse è proprio questa la nostra linea sottile di contatto: la volontà di essere sostenibili non solo nelle azioni, ma negli sguardi, nelle intenzioni, nelle scelte che facciamo ogni giorno.
Buon Natale,
Chiara Pontoni
Sustainability Manager